Le ricette dello sceneggiatore

Luglio col bene che ti voglio vedrai non finirà, ya ya ya ya, cantava Riccardo del Turco nel 1968, invece tutti noi speriamo che almeno finiscano queste torride-orride temperature. Ma veniamo a noi, cari cannibali, oggi parleremo “di e con”… Salvatore Basile.

Salvatore, napoletano di nascita romano di adozione è una personalità vivace e talentuosa che nella vita ha seguito percorsi dettati dal sacro fuoco di …fare ciò che gli piaceva quando pareva a lui J. Basta dire che nel periodo della formazione universitaria ha intrapreso prima Medicina, poi Sociologia e infine Psicologia senza portarne a termine nessuna anche perché nel frattempo si dedicava al jazz come  batterista professionista. Anni dopo lo troviamo come sceneggiare di serie tv quali – alcune fra tutte –  Il sindaco pescatore, Il Giudice Mastrangelo, Una pallottola nel cuore, Un passo dal cielo, Barabba, Giovanni Paolo II e molte altre. Inoltre è regista tv, una tra tutte la serie Don Matteo.  Ho incontrato Salvatore dopo aver letto il suo libro Lo strano viaggio di un oggetto smarrito – Garzanti (eh sì, è anche uno scrittore!) romanzo delizioso che vi consiglio di infilare in valigia, se andate in vacanza, o di mettere sul comodino se, come me, rimarrete a casa… insomma fate come volete ma leggetelo!

Buongiorno Salvatore, come mai ti definisci “un uomo in ritardo”?

In realtà ho avuto una partenza bruciante. A soli dieci mesi già camminavo e pronunciavo le prime parole. Poi, ho iniziato ad apprezzare le lentezza e da quel momento la mia vita si è svolta in un perenne ritardo: ho iniziato a scrivere sceneggiature a 36 anni (prima avevo fatto il batterista jazz e l’impiegato), a 41 ho cominciato a fumare, sposato a 43 e così via…

Perfino la decisione di scrivere un romanzo è arrivata tardi, alle soglie dei 59 anni. Forse è destino che debba aspettare l’urgenza, prima di mettermi in moto.

Sei un uomo che cucina, scongela o mangia e basta?

Adoro cucinare. Spesso invento ricette, nel senso che sono un cuoco da improvvisazione: apro il frigorifero e uso ciò che trovo, spesso con ottimi risultati, devo dire. Un esempio? Tempo fa, una delle mie due figlie aveva voglia di una pasta alla carbonara. Apro il frigo, afferro il guanciale… ma mi accorgo di non avere neanche un uovo. Non mi sono perso d’animo: ho soffritto la pancetta, come da tradizione, poi ho aggiunto un vasetto di yogurt magro e dello zafferano che ha colorato il tutto di giallo ocra, proprio come l’intigolo della carbonara. Ho solo aggiunto della salvia fresca, per stemperare un po’ l’acidità dello yogurt e poi del parmigiano grattugiato. Morale: le mie figlie mi chiedono spesso di rifare la “finta carbonara”. Sono soddisfazioni.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Ho imparato i primi rudimenti dalle mie nonne, a Napoli. Le osservavo mentre cucinavano e prendevo nota mentalmente. Di conseguenza, cucino alla napoletana vecchia maniera: ragù, sartù di riso, paste al forno ipercondite, sughi alla puttanesca, zuppe di pesce. Dalla cultura gastronomica napoletana ho anche appreso l’arte della ricetta “a perdere”, cioè priva degli ingredienti costosi. Gli spaghetti alla “vongola fujuta” (vongola fuggita) ne sono un classico esempio. Si prepara in padella il più classico degli “aglio e olio”, poi si aggiunge del prezzemolo fresco. Prima di scolare la pasta, si aggiunge all’olio, all’aglio e al prezzemolo, un mestolo di acqua di cottura della stessa pasta. E’ salata, quindi riproduce quasi fedelmente l’acqua di mare che estraggono le vongole quando si aprono nella pentola. Il risultato è stupefacente: c’è il sapore della “pasta alle vongole”, ma senza neanche l’ombra dei saporitissimi molluschi.

Cannibali Vegetariani 

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