Arte e cibo, connubio antico

Arte e cibo, connubio antico

Vucciria

Arte e cibo, connubio antico. Infatti le nature morte e i quadri religiosi sono da sempre i soggetti preferiti dagli artisti. Come avrete intuito (intuitivi!) oggi si parlerà di arte, e infatti i Cannibali hanno catturato nel loro pentolone  Erika Mennella, insegnante di Storia dell’Arte e contributor editor di alcune riviste letterarie.Sogno trasformato

Erikanasce a Bordighera e intraprendendo gli studi universitari incontra i carruggi genovesi chenon abbandonerà più. Abbandona invece volentieri la tecnologia, sniffando carta stampata e prendendo in mano i pennelli tutte le volte che può. Sceneggiatrice di alcuni cortometraggi che hanno vinto premi e riconoscimenti in realtà nazionali e internazionali, partecipa in modo attivo a diversi eventi culturali e non è in grado di sprecare il tempo, tranne al mare, il suo più grande vizio oltre alla musica classica e le trofie con il pesto.Warhol

  1. Ricapitolando  Erika, tu vivi a Genova, usi la penna, i pennelli, cucini le trofie e insegni.
  2. Sì. E la ricetta che uso con i miei alunni è la stessa che si utilizza in cucina: pazienza, amorevolezza e fermezza. Immagina uno chef indeciso nell’utilizzo della Sac à Poche o frettoloso nella cottura del ragù! Arte e cibo… Hanno molto più in comune di quello che si pensa e soprattutto il connubio ha origini antichissime.1559653_10205599365257533_5161230578243268194_n
  3. Per esempio?
  4. Mi vengono in mente i mosaici del II sec d.C (oggi conservati ai Musei Vaticani), dove venivano riprodotti i resti alimentari, che avevano valenza spirituale in quanto i romani banchettavano nell’Atrium, la stanza sotto la quale dormivano i loro antenati, per questo motivo i “resti” del cibo venivano considerati omaggio alla loro memoria e i resti che finivano per terra erano intoccabili. Per non parlare dei quadri dove venivano riprodotte le scene locali agricole, il tipico scenario di periferia: la donna che cucina, l’uomo che va nei campi e la bambina che raccoglie l’acqua dal fiume, idem per l’allevamento, che spesso poi andava venduto nel mercato. A questo proposito il mio preferito, per rimanere in Italia è “Vucciria – Il mercato di Palermo”, tela in cui Guttuso celebra le “balate” del sud da cui era tanto affascinato. Pesce, carni, mercanti, frutta, donne con sacchetti, si riesce quasi a percepire la magia del cibo lì, quella MANGIATORI DI RICOTTAancestrale e genuina non quella di oggi che invade ogni canale mediatico. Spesso poi il cibo è stato riprodotto anche in occasioni più “alte”. In presenza di monarchi per esempio, celebri sono le tele che ritraggono Carlo IV di Francia e il figlio Venceslao IV che certo non si risparmiavano in quanto a cibo, entrambi buone forchette. Adoravano farsi ritrarre da Jean Fouquet, artista famoso infatti solo per le serie di “Banchetti Reali”. Ma poi c’è il contraltare: tra il XV e il XVI secolo il cibo diventa strumento per raccontare i più poveri, che se lo dovevano sudare quel pane. Basti pensare al “Mangiatore di fagioli” di Annibale Carracci o ai “Mangiatori di ricotta” di Vincenzo Campi, anche se tra questi <<mangiatori>> io preferisco i “Mangiatori di patate” di Van Gogh, dove si respira l’emarginazione di una condizione umile e tragica, ho sempre fatto il tifo per gli emarginati.Paol Ito

Come dice una celebre canzone – una delle mie preferite in assoluto – “Ha tutte le carte in regola per essere un artista. Ha un carattere melanconico, beve come un irlandese. Se incontra un disperato non chiede spiegazioni. Divide la sua cena con pittori ciechi, musicisti sordi, giocatori sfortunati, scrittori monchi.”

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